Tutti vogliono fermarsi e nessuno vuole deciderlo (cit. Lo Slalom)
Dal 20 febbraio, il giorno del primo caso di Codogno, la situazione in Italia è esplosa. In maniera quasi silente, ma con evoluzioni esponenziali, il Coronavirus ha attaccato il nostro paese in ogni sua piega, arrivando anche allo sport. Le Federazioni hanno iniziato a prendere coscienza del pericolo e si sono mano a mano attivate. Ma l’incertezza ha iniziato a serpeggiare anche per quelle competizioni che le federazioni europee non avevano bloccato. Così gli atleti italiani hanno vissuto eventi inattesi dovuti a un avversario sconosciuto che li ha colti di sorpresa.
Il 1° marzo i ragazzi della Sir Volley Perugia, atterrati a Mosca, si sono ritrovati bloccati da una cordata di medici che li hanno sottoposti a controlli in quanto provenienti da un paese che stava già raggiungendo il triste primato del primo stato europeo con più contagi in assoluto dopo la Cina. Stessa procedura applicata appena atterrati in Siberia per giocare i quarti di finale d’andata della Champions League contro Novy Urengoy. Era solo l’inizio. La Virtus Pallacanestro Bologna di Coach Đorđević non ha potuto raggiungere la Turchia il 4 marzo per giocare contro il Darussafaka Istanbul a causa della chiusura dei voli da e per il paese. L’Euroleague aveva respinto ogni altra soluzione prevedendo la sconfitta a tavolino per Teodosic e compagni ma le proteste della FIP hanno consentito alle V nere di giocare il giorno dopo a Belgrado nella Stark Arena deserta. Poi il caso delle 4 squadre di ciclismo in quarantena a Dubai, isolati per l’UAE tour, Dmitry Strakhov primo ciclista professionista trovato positivo al Coronavirus dopo essere stato sottoposto a 5 tamponi e l’appello di Attilio Viviani, fratello di Elia, medaglia d’oro a Rio 2016: “Chi può faccia qualcosa per liberarci”
Ragazzi appassionati del proprio sport, esposti fino alla fine al contagio, in situazioni di elevato pericolo perchè, tolta qualche rara eccezione, lo sport prevede il contatto fisico sia in campo che fuori dal campo. Ce lo ricordano le ventuno regole per i calciatori diffuse dalla Federazione Medici Sportivi. Tra queste:
non condividere borracce e asciugamani;
tenere sotto osservazione in piscina i livelli di cloro e il pH;
evitare premiazioni e contatti con il pubblico;
usare un microfono unico e disinfettarlo;
non lasciare lo stadio su auto private.
Ci sarà qualche club come il Bayern Monaco che aggiungerà anche il divieto di firmare autografi e fare selfie con i tifosi. Il 6 marzo la Premier League sospende la stretta di mano tra le squadre e con gli arbitri prima di ogni incontro. L’8 marzo, alla vigilia della prima stretta del Governo su tutta Italia lo sport inizia a tremare. La situazione è al collasso psicologico e gli atleti iniziano ad aver realmente timore di scendere in campo, di spostarsi per le gare, di vivere la loro vita sportiva in serenità. Arrivano i primi casi nel calcio (Daniele Rugani della Juventus e Manolo Gabbiadini della Samp) e nella NBA (Rudy Gobert, centro francese degli Utah Jazz). In America è sufficiente Gobert per innescare la sospensione della stagione. Gli ultimi casi nel momento in cui scriviamo sono i più noti (Blaise Matuidi della Juventus e Kevin Durant de Brooklyn Nets) e non lasciano dubbio: il Covid-19 non risparmia nessuno. Lo sport si deve fermare. Gli atleti devono stare a casa.
Pietro Aradori: dobbiamo stare a casa. Ora vi racconto cosa faccio per restare in contatto con tifosi e compagni di squadra
Le disposizioni governative naturalmente hanno avuto un’influenza diretta su tutte le Federazioni. Chiuse palestre, piscine, palazzetti e tutti i luoghi dove abitualmente si pratica sport, indoor e outdoor. Non sappiamo per quanto tempo. E nel frattempo cosa fanno gli atleti, al sicuro a casa, abituati a stare in gruppo, socializzare, pressati dai ritmi di allenamento, partite, viaggi, spostamenti? Abbiamo coinvolto in questo articolo Pietro Aradori, guardia della Fortitudo Bologna e Azzurro della Nazionale Italiana di basket.
Pietro, tu sei un tipo dinamico, sempre in movimento. Oltre allo sport sei un ragazzo che ama stare in compagnia, divertirsi con gli amici, mantenere i contatti con i tifosi. Come stai trascorrendo questo momento di isolamento che ti accomuna a tutte le altre persone in Italia, con le limitazioni del caso che ti impediscono di uscire se non per motivi necessari?
“Ho cercato di cambiare le abitudini della giornata. Infatti, quando mi sveglio la mattina, faccio un brunch unendo colazione e pranzo così mi aiuta a cambiare anche i ritmi; poi accendo la TV per informarmi su quello che succede nel mondo. Sono in contatto con i miei compagni di squadra: abbiamo una chat assieme in cui ci sentiamo. Ho anche altri amici che giocano sparsi per l’Italia e ci aggiorniamo tra di noi. Trascorro un po’ di tempo sui social, su Instagram per restare in contatto con gli altri. Cerco sempre di scherzare e di buttarla sul ridere per fare due risate io in primis e poi anche farle fare a chi mi segue. La sera poi mi cucino qualcosa, ogni tanto gioco alla Playstation anche se non sono un amante ma ho dovuto riscoprirla in questo periodo. Leggo, mi piace leggere, e guardo tante serie TV e film”.
Come fai con l’allenamento? Ti manca il campo e il gioco?
“Continuo a dedicare un’oretta di allenamento a casa. C’è la voglia di tornare a giocare ma prima di tutto c’è la salute quindi bisogna rispettare il Decreto e stare assolutamente a casa altrimenti non ne usciamo”.
Quali sono gli strumenti che usi di più e che ti stanno aiutando a restare connesso con il mondo?
“Uso tanto WhatsApp e i messaggi diretti di Instagram. Per le videochiamate utilizzo Facetime tra iPhone oppure ancora WhatsApp: le trovo molto comode perché è possibile farle anche con 4 persone assieme”.
Hai detto che ti piace leggere, che guardi tante serie TV e film. Ieri pomeriggio con Belinelli in diretta Instagram vi siete scambiati due perle: tu gli hai consigliato La Zona d’Ombra, il film di Peter Landesman con Will Smith e lui ti ha consigliato The Morning Show, la serie di Apple TV+ con Jennifer Aniston. Ti viene in mente altro così diamo uno spunto a tutti i tuoi tifosi che sono a casa?
“Ecco i miei tre consigli:
FILM: The Blind Side su Netflix di John Lee Hancock con Sandra Bullock;
SERIE TV: Downton Abbey su Amazon;
LIBRO: L’autobiografia di Tyson.
Pietro è originario della provincia di Brescia, uno dei posti più colpiti dall’epidemia. Ora è a Bologna, la città della Fortitudo, la sua squadra. Esce solo per necessità, lo racconta anche su Instagram dal suo profilo @pietroaradori21 e non è difficile trovarlo in diretta con qualche altro compagno. I social sono l’unico strumento che tiene gli atleti connessi con i tifosi, che consenta loro di avere una vita sociale. Non dimentichiamo che spesso gli atleti sono ragazzi, giovani, che hanno scelto lo sport anche per la condivisione di una passione, per fare squadra. Ora è importante stare a casa e mediare dallo sport quel rispetto delle regole che può aiutare tutti a restare uniti, al sicuro, giocando una partita importante che non possiamo perdere.
Grazie Pietro.
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