Federico Quarato, CEO di Dynamitick, realtà leader in Italia per lo sviluppo di dynamic pricing e ticketing, ha incontrato Marshall Glickman, CEO di G2 Strategic, per confrontarsi sul modello sportivo americano e sulla possibilità di concludere la Serie A 2019/2020 con i play-off, formula tanto discussa in questi giorni in cui si deve necessariamente scegliere una strada per il proseguimento del campionato.
Ringraziamo Federico per l’interessante contenuto, che vi proponiamo di seguito.
L’intervista
I Play-off scudetto come atto conclusivo della Serie A è un’ipotesi che ha certamente sfiorato i pensieri di tanti addetti ai lavori, durante la lunga e forzata sosta del campionato. In queste ore sono tornati al centro del dibattito, indicati dalla FIGC come potenziale via risolutiva del campionato, laddove non esistano i tempi per concludere la stagione nella sua formula consueta. Una soluzione vista, forse, solo come palliativo, non come un’opportunità. Dura la vita, nel mondo del calcio, per un format così avvincente e garanzia di spettacolo, indispensabile nella liturgia di tanti sport e invece così poco apprezzato nel calcio del vecchio continente.
Ma cosa pensa di questa ipotesi un vero innovatore dello sport business come Marshall Glickman?
Nato e cresciuto a Portland, in Oregon (USA), Marshall ha iniziato a lavorare per i Portland Blazers nel 1983, dove ha lanciato “Blazers Cable” il primo servizio pay-per-view della storia, un’intuizione che lo ha portato a lavorare direttamente per la NBA prima come Broadcasting Coordinator e poi come Media Sales Director, prima di rientrare alla franchigia NBA e di prenderne le redini, come presidente, nel 1993.
Marshall è oggi CEO di G2 Strategic, una società di consulenza strategica che lavora al fianco di clienti come l’Eurolega (da oltre 20 anni) e La Liga spagnola. Un autentico “American mindset” oggi impegnato nell’innovazione dello sport europeo.Marshall, sin dallo stop della Serie A ho pensato ai play-off come possibile opportunità. Un format affascinante e vivace, fin qui poco popolare nel calcio italiano.
Non ho un’idea precisa sull’applicazione dei play-off alla Serie A, da un punto di vista prettamente sportivo. Penso però che la Lega potrebbe approfittare di questa occasione per provare qualcosa di nuovo: a mio modo di vedere bisogna sempre prendere vantaggio dalle situazioni, cogliendo l’opportunità di sperimentare. Personalmente, ho sempre pensato che una formula di playoff con scontri al meglio delle tre gare sia molto più spettacolare rispetto alla conclusione del campionato con la regular season o anche al formato andata e ritorno della Champions League. Ma per un americano è molto complesso comprendere che si possa passare il turno perdendo una partita; se in Europa è radicato e apprezzato il format attuale, certamente è giusto che continui ad essere così. È altrettanto vero che oggi è necessario trovare una soluzione di breve termine come risposta ad una situazione straordinaria, per questo credo che sperimentare un format inedito potrebbe essere una buona idea.
L’idea che mi solletica, da un punto di vista di sport business, è un torneo nel mese di luglio, magari in terra straniera, con una formula innovativa e spettacolare. Lo immagino come una vera e propria operazione di marketing per il brand Serie A più che come epilogo ad una stagione che comunque finisca, sarà compromessa.
È un’idea affascinante, che troverebbe certamente il favore delle tv e del pubblico sportivo che quest’estate sarà orfano di Europei e Olimpiadi. Il mantra dovrebbe essere giocare al sicuro e giocare di fronte ad un pubblico, perché gli stadi vuoti non sono compatibili con lo sport. Se ci fosse un Paese che offrisse la possibilità di andare a giocare in stadi sicuri, con il pubblico in sicurezza sugli spalti, sarebbe una strada da provare a percorrere. Sono un fautore dell’esportazione di eventi sportivi live fuori dal Paese di origine. Lo ha fatto con successo la NBA e ci sta provando da diversi anni anche LaLiga a portare una partita negli Stati Uniti, ma mettere d’accordo tutti gli attori in gioco è fin qui stato troppo complesso.
In tempi normali il pubblico americano riempirebbe uno stadio per una partita di Serie A?
Ne sono assolutamente certo. Credo che chi non sarebbe contento sarebbe il commissario MLS, perché il calcio italiano piace molto e in generale quello europeo ha un appeal superiore in tutto il mondo.
I giornali hanno riportato di tensioni tra i club, durante questa fase, nella definizione di modalità e tempi per il ritorno alla normalità. Credo sia davvero difficile che possano mai convergere su un’idea così poco convenzionale.
Da quanto ho letto, credo che sia giunto il momento che la Serie A inizi a pensare al proprio business in maniera complessiva, piuttosto che lasciare emergere lo scontro tra gli interessi delle singole squadre. Dai miei dialoghi con professionisti del settore in Europa ho compreso come questa emergenza metta a serio rischio bancarotta tanti club medio-piccoli in tutta Europa. Per evitare tutto ciò è necessario ripensare alle fondamenta dei modelli economici di tante leghe. È divertente che siano gli americani a proporre una visione più “socialista” dello sport ma il significato del draft NBA è proprio questo: garantire più equilibrio e non lasciare indietro nessuno. Vogliamo parlare della dinastia di Golden State? Da quanti anni bui arrivava? Senza questo meccanismo non sarebbe mai esistita. È un caso che dovrebbe far riflettere.
Mi stai dicendo che lo sport in Europa dovrebbe prendere sempre più ispirazione dagli sport americani?
Come advisor di tanti clienti in Europa in questi anni ho sempre sostenuto che non avesse senso buttar via tutto quello che si è costruito per copiare il modello americano, che è certamente più redditizio. Non avrebbe senso cancellare una cultura e una tradizione sportiva così forte. Credo però che lo sport europeo abbia la necessità di ispirarsi alla mentalità dello sport americano che mette il business sempre al primo posto. Tanti club e leghe hanno bisogno di “reasonable and rationable business practice”. Questo momento storico potrebbe aiutare tante leghe ad iniziare o incentivare un percorso di questo tipo. È il percorso che sta facendo con successo l’Eurolega, un ottimo esempio di questo cambio di approccio. Credo che una classe dirigente più giovane, nei prossimi anni, possa favorire questo processo anche in altre competizioni.
Sei positivo anche per la Serie A, dunque?
Sì, una classe dirigente più giovane e anche qualche proprietà straniera favoriranno l’accesso di punti di vista diversi e un percorso di ripensamento del modello di business del calcio italiano. Ad esempio, so che la Roma sta compiendo passi importanti in questa direzione e anche durante l’emergenza Covid ha dimostrato di saper comunicare in maniera efficace, oltre a distinguersi per lodevoli iniziative di solidarietà.
Ti vedremo presto nel nostro Paese?
Non lo so, ma lo spero: amo l’Italia e gli italiani.
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