Usain Bolt è l’uomo che ha riscritto i limiti dell’atletica. Eppure è alto quasi due metri e pesa 100 chili ma la sua velocità, rimasta imbattuta fino al record di Allyson Felix a Doha, la donna delle 12 medaglie d’oro, che ha superato proprio il record di Lightning nei 4×400 misti, ha fatto storia. Cosa succede quando un atleta è così popolare a livello globale? Diventa un magnete per tutti quei brand che vogliono investire in un testimonial eccezionale.Influencer o testimonial nello sport?
Non mi sentirete mai usare la parola “influencer” nello sport, perchè ho troppo rispetto per la fatica e la preparazione di chi è impegnato sul campo, in pista, in pedana. La parola “influencer” la lascio a chi si incastra nelle logiche delle piattaforme social, che hanno fatto di tutto per creare questa dipendenza stretta tra i numeri e la volontà di esporre un marchio.
Quale certezza matematica abbiamo che tutte le azioni di marketing “influenzato” portino poi ad un effettivo guadagno reale?
Sono pochi, pochissimi i casi di personaggi che sono dirompenti nelle logiche di vendita collegate alla loro influenza, spinta dal riflesso e dall’effetto di ciò che pubblicano sui social. Nello sport sono ancora meno. Allora a cosa è utile la partnership tra l’azienda e l’atleta quando si disegnano strategie per amplificare il marchio? La buona pratica ci insegna che “i testimonial”, appunto quei personaggi che testimoniano il marchio, contribuiscono alla brand identity dell’azienda che ha deciso di investire nello sport. L’atleta, nel caso dello sport, si fa portavoce del marchio stesso, lascia che i followers lo identifichino con l’immagine dell’azienda e qualche volta anche del prodotto. Il riflesso economico non è misurabile con certezza matematica, ma si fonda su una stretta connessione tra l’atleta, le sue caratteristiche e ciò che il brand rappresenta verso la propria audience o verso quella dello sportivo. Così nascono partnership che durano anche oltre la vita sportiva dell’atleta (pensate a Michael Jordan e Nike) e ci riconducono in un territorio dove tutto è molto più etico che economico. Il lato business è come una medicina omeopatica che abitua l’utente ad associare sport e brand e ad identificare il prodotto con la forza dirompente dello sport.
Usain Bolt e le partnership crossmediali
Se parliamo dell’uomo più veloce del mondo, possiamo descrivere tante di quelle partnership che hanno segnato la storia del marketing tradizionale e digitale. La vita sportiva dell’atleta ha attraversato un decennio pieno di conquiste olimpiche, record e successi che hanno coinciso in pieno con l’evoluzione tecnologica e con la trasformazione della comunicazione e dell’interazione tra gli individui. Nel 2004, mentre Zuckerberg fondava Facebook, Usain a 18 anni conquistava il record mondiale juniores dei 200 metri. Poi i record di New York e Pechino nel 2008 dei 100 metri piani danno inizio alla sua carriera mentre Mark aveva già strutturato Facebook come una piattaforma sociale, aprendo la sua fruibilità a tutto il globo. Comprendete bene che Bolt ha iniziato ad essere testimonial prima del digitale ed ha attraversato le evoluzioni del mondo del marketing e del merchandising, sfruttando ogni canale di comunicazione a disposizione e amplificando brand e prodotti attraverso tecniche e mezzi più disparati, fino ad arrivare ad essere un cartone animato per Gatorade in occasione della sua ultima Olimpiade a Rio 2016, dove conquisterà il bronzo nei 100 metri.
Le partnership più significative con i messaggi correlati? Velocità, stabilità e potenza per Fastweb o il bellissimo spot di Virgin Media con il cameo di Richard Branson, realizzato per mettere in evidenza la velocità in download dei contenuti. Poi i 30 secondi della Forever Faster di Puma nella campagna #NoMatterWhat o la sfida e la vittoria contro il fuoco nel video della Nissan Brazil e il magnifico video realizzato con Visa per le Olimpiadi di Londra del 2012, dove il concetto di velocità associato al sistema di pagamento è condito con un’ironia e una costruzione perfetta di uno spot che, in poco più di un minuto, riesce ad equilibrare prodotto/servizio ed evento sportivo.
Contratti di sponsorship oltre la vita sportiva
Cosa succede quando la popolarità e i successi sportivi incidono sulle opportunità che l’atleta ha di stringere accordi di partnership con le aziende anche oltre la sua attività sportiva? Accade che personaggi dello sport system come l’uomo più veloce del mondo vengano coinvolti in campagne interessanti e globali, che sfruttano ogni mezzo di comunicazione moderna. Recentissimo infatti l’accordo che vede Usain Bolt ambassador della campagna #GoodForYou di Alpro. Non solo sponsorizzazione e creatività ADV, ma anche un nuovo logo e una nuova confezione per l’azienda belga, supportata dalla creatività dell’agenzia VMLY&R, la stessa che ha curato i progetti di Heinz e Oreo. Usain e Alpro a braccetto sui social: YouTube, Facebook e Instagram i canali prescelti, dove il concept creativo ruota attorno al record dei 9.58 sviluppato in micro video di 15 secondi, nei quali Bolt si cimenta in una challenge con i prodotti Alpro.
https://youtu.be/3-qtNKfIGe8
Per concludere, affidare la “testimonianza” del marchio ad uno sportivo, talvolta con contratti “longlife”, vuol dire associare indissolubilmente l’idea del prodotto al volto del testimonial, regalando all’audience una percezione profonda del legame brand/atleta.
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