Investing in technology isn’t the same as digital transformation

digital transformation

Quando ho iniziato a pensare di realizzare un percorso editoriale che illustrasse la trasformazione digitale nello sport, ho ripassato a memoria quelle che erano state le letture ed alcuni testi illuminanti che mi hanno spronato ad applicare concetti e metodologie della digital transformation, mutuando esperienze, casi e processi da altri settori. Traducendo appunto la trasformazione digitale in metodologia per lo sport.Sicuramente la frase di Brian Solis, “Investing in technology isn’t the same as digital transformation” è una delle quote che più mi ha influenzato al punto di fissarla all’inizio del mio testo sulla trasformazione digitale nello sport che ho appena pubblicato per Maggioli Editore: è emblematica e racchiude il significato centrale del concetto di trasformazione digitale. Così di Solis, analista digitale, sociologo e futurologo nonché uno dei leader di pensiero della trasformazione digitale, amo portarmi dietro anche il concetto correlato ai social media che sono sempre meno tecnologia e sempre più antropologia e sociologia.

La trasformazione digitale ha coinvolto la profonda evoluzione culturale dell’essere umano che ha cambiato approccio anche verso la formazione e, se da una parte è cresciuta la capacità di reperire informazioni, dall’altra si è verificato un cambiamento sostanziale dal punto di vista antropologico, tale da modificare anche le attitudini a memorizzare e a immagazzinare informazioni, così come stringere relazioni, comunicare, vivere. E i social vivono della profonda trasformazione dell’uomo, plasmandosi e adattandosi a queste evoluzioni “umane” profonde.

L’uomo digitalizzato è per certi versi un individuo destrutturato con codici
di comunicazione molto prevedibili e linearmente replicabili.

Non sempre l’evoluzione tecnologica porta benefici generalizzati se non si cambia modo di pensare, mindset per usare un termine anglofono. La trasformazione non è innovazione tecnologica: è adattamento e rivoluzione dell’approccio al presente. Lo sport, come tutti gli altri settori, si è ritrovato catapultato nell’emergenza e si è dovuto adattare al cambiamento radicale.

La tecnologia aveva abituato l’uomo a un torpore sociale, un equilibrio fatto di convenzioni e abitudini che sottostavano a un’evoluzione graduale anche se prima di febbraio, la consideravamo repentina e veloce. L’accelerazione da lockdown ha spinto gli uomini a mutare atteggiamento e imparare realmente a trasformarsi, velocemente, acquisendo tutto quel know-how che avrebbe consentito loro un nuovo adattamento sia lato sociale sia lato economico.

Così settori economici del nostro Paese, soprattutto quello sportivo, hanno intrapreso strade atte a cambiare normative, equilibri sociali e politici: senza una rivoluzione culturale e sociale sistemica anche del mondo sportivo, il rischio è nel non comprendere né difficoltà, né opportunità.

Il cambiamento non è qualcosa che coinvolge soltanto la parte tecnologica
ma è l’evoluzione di tutto il business, del mindset delle persone, della loro cultura.

Pensare fuori dagli schemi e cambiare per non restare indietro. Questo è il mantra del mio libro “Sport Digital Transformation” scritto per Maggioli Editore, in distribuzione online e in tutte le librerie dal 20 novembre.

Lo sport non sarà più quello di prima e la trasformazione è già iniziata.

 

 

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