L’intervista a Alessandro Oliva, Community & Social Media Manager del Parma Calcio

Alessandro Oliva è Community & Social Media Manager del Parma Calcio dal 2017. La sua testimonianza ci apre le porte del mondo che c’è dietro la pianificazione ragionata dei contenuti, soprattutto tenendo conto delle piattaforme e dei propri tifosi. È come entrare nello spogliatoio della squadra, un luogo dove vivono la strategia digitale tecnicamente in parallelo con il mood del percorso atletico. Scopriamo in questa intervista come vengono utilizzati i vari profili, quando si vince e quando si perde: spunti utili e testati che non possono che svelare il gran lavoro di pianificazione e creatività che li ha portati a occupare con grande orgoglio il terzo posto nella classifica delle squadre di Serie A più cresciute durante la 23° edizione del “The European Football Club” Report di IQUII Sport (15 gennaio 2020 -17 febbraio 2020).

 

Scopriamo insieme il Parma Calcio Digitale

 

Il Parma Calcio è una delle realtà che meglio investe lato digital e cerca di sfruttare la potenzialità dei social e degli strumenti e servizi che il Web mette a disposizione. Un sito internet aggiornato e snello graficamente e un’attività nelle piattaforme social ben distribuita. Quale strategia di base e che obiettivi di crescita vi immaginate nel prossimo futuro?

“Per quanto ci riguarda, pianificare strategie e contenuti digitali è una tipologia di attività che immaginiamo sul breve-medio periodo. Riteniamo sia difficile, in un contesto come quello dei social dove tutto può evolvere rapidamente, farci la domanda delle domande e cioè: come vedi la tua squadra a livello digital fra 10 anni? In questo senso, ragioniamo in maniera molto simile a tecnici e giocatori, quando dicono di pensare a stagione dopo stagione, se non a partita dopo partita. Il fine è chiaro: delineiamo un percorso e lo testiamo sul campo, per capire se e come è necessario limare gli obiettivi ridefinendoli in base al comportamento e alle preferenze degli utenti. Dunque, in un contesto nel quale sicuramente con il nostro responsabile Nicolò Fabris mettiamo su carta degli obiettivi, ragioniamo per step intermedi stagionali testando sul campo contenuti e linguaggi da destinare a determinate audience. Attualmente, ci muoviamo su due tipologie di pubblico. Da una parte, sulla nostra community locale puntando su varie forme di engagement, attraverso cioè campagne di comunicazione digital mirate (lancio campagna abbonamenti e nuove maglie), ma anche con post social che puntano a rafforzare il rapporto tra i tifosi e i punti fermi della storia passata e presente del club: lo stadio e il gruppo ad esempio sono due nostri “cardini social” sui quali abbiamo innestato, sperimentando di continuo forme di engagement come la playlist del Tardini su Spotify o video da Collecchio, dove ci alleniamo. Dall’altra parte, già dalla scorsa stagione, abbiamo inaugurato un account Twitter in lingua inglese per mettere il naso fuori dal nostro spazio prefissato ed esplorare nuove realtà e capire così, come dicevo all’inizio, se e come ridefinire i nostri obiettivi futuri. Quest’ultima è una nostra grande sfida: capire come raggiungere in maniera sempre più capillare il nostro pubblico all’estero.”

La fanbase è importante e Facebook resta una piazza primaria per interagire con i tifosi. Come sta cambiando l’interazione nelle altre piattaforme e, secondo la tua esperienza, in che modo interagiscono i fan a seconda dell’ambiente digitale relativamente al linguaggio e ai contenuti?

“Facebook resta una piazza primaria perché ormai è un social “tradizionale”, essendo di fatto il più longevo quasi a braccetto con Twitter. Spesso resta il punto di riferimento per diverse iniziative, anche se Instagram come è normale sta diventando sempre più importante. L’interazione su queste piattaforme si svolge a seconda di come interpreti l’uso di quel social, ma dipende anche dalla natura del social stesso. Faccio un esempio. Se postiamo una bella foto su Twitter possiamo ricevere svariati retweet, ma pochi commenti; cosa che avviene più facilmente su Facebook o Instagram. Questo perché il nostro pubblico interpreta spesso Twitter come una sorta di organo informativo dal quale attingere novità e aggiornamenti costanti sulla squadra, quasi come fosse un’agenzia di stampa, e l’engagement si realizza nel far arrivare loro la notizia: per questo le nostre cronache live dei match si svolgono solo su Twitter e abbiamo scelto di non farlo anche su Facebook: lasciamo per questo canale azioni per le quali ci aspettiamo un’attività maggiore dei tifosi relativamente ai commenti e alle reazioni. Lo stesso vale per i Full Time alla fine delle gare: su Twitter qualcuno commenta, ma soprattutto rilancia la notizia retweettando la stessa; le vere “piazze” da commento restano Facebook e Instagram. Ecco perché, per fare un altro esempio, se vogliamo fare un quiz fotografico non lo postiamo su Twitter, ma su Instagram e Facebook. In questo senso, questi due ultimi social sono spesso e volentieri simili come approccio da parte degli utenti, perché simile è stato lo sviluppo recente delle piattaforme di proprietà di una stessa azienda, come dimostra non da ultimo l’introduzione delle stories anche su Facebook. Ovviamente qui cerchiamo di differenziare i contenuti per non avere due repliche e la scelta tra questo o quel social su dove postare una foto o un video varia anche a seconda degli orari nei quali più spesso si connettono i nostri utenti: su Facebook abbiamo un accesso più alto in determinate ore del giorno rispetto a Instagram e viceversa. L’interazione è dunque determinata anche dalla nostre abitudini quotidiane.

 

Si parla tanto di sentiment analysis. Con l’introduzione di questa metrica non è solo l’interazione ma la qualità della stessa a fare la differenza. L’engagement sui vari profili è direttamente proporzionale ai risultati in campo? In che modo riuscite a mediare le criticità?

“Ancora oggi sì, i risultati sul campo possono avere un peso specifico importante sull’engagement. Per risultati non intendo solo le vittorie. Anche quando si perde, la mole di commenti può essere grande, perché il pubblico in ogni caso a fine partita sente il bisogno di dire la propria opinione e questo è un dato di fatto su quale devi basare buona parte del tuo lavoro. La sentiment analysis ci ha aiutati in maniera decisiva in alcuni aspetti gestionali del “dopo”. In che modo? Intanto bisogna smontare un falso mito: quello del “silenzio social” a tutti i costi quando si perde. Si può evitare di postare qualcosa così come si può invece farlo, ma con giudizio. L’importante è avere qualcosa da dire e sapere a quale pubblico lo stai dicendo. Per questo, osserviamo molto attentamente come reagisce il pubblico a caldo, per poi eventualmente proporre loro un nuovo contenuto. Un esempio. Quest’anno dopo alcune sconfitte (contro Atalanta, Juventus e Lazio) abbiamo postato delle foto che, nonostante si fosse perso sul campo, ci hanno dato risultati incoraggianti e positivi a livello di engagement. Dopo la sconfitta 5-0 a Bergamo abbiamo messo una foto del settore ospiti, come modo per ringraziare i nostri tifosi per essere stati al nostro fianco. Dopo quelle con Juventus e Lazio, dove il Parma ha ben figurato in entrambe le situazioni a dispetto del risultato finale, abbiamo invece puntato su un’immagine di gruppo che ne esaltasse la coesione e l’orgoglio. Molti analisti sono convinti del fatto che ci si possa slegare dall’egemonia del risultato e fare sì che le società di calcio diventino sempre più orientate all’entertainment ragionando come una media company, ovvero producendo sempre più contenuti non strettamente legati sempre e solo al campo. Questa visione mi troverebbe anche d’accordo, a patto però di farlo ascoltando il tuo pubblico ed é quello che noi cerchiamo di fare ogni giorno: se non lo avessimo fatto, negli esempi di cui sopra, questi post sarebbero stati solo dannosi.”

Alessandro Oliva

Parma Calcio, eSports e visioni future. Quali sono gli obiettivi per distribuire nuovi contenuti e sviluppare maggior interesse nei confronti dei tifosi?

“Gli esports sono un trend che in Italia sta di fatto prendendo forma anche grazie all’impegno della Lega di Serie A, che ha da poco annunciato l’avvio di un campionato dedicato e al quale noi parteciperemo. Noi arriviamo a questo appuntamento dopo quasi due anni di studio del settore: l’avventura è iniziata subito dopo la promozione in Serie A con un evento al Tardini e con la collaborazione con un’agenzia dedicata, Esports Academy. Si tratta di un ecosistema totalmente nuovo, nel quale muoversi con entusiasmo ma allo stesso modo con attenzione. Qui vale lo stesso discorso fatto prima: vale la pena ascoltare il pubblico. E lo faremo, grazie ad una vetrina importante come la eSerieA Tim. Perché avere una divisione esports non deve significare solo posizionare il brand in una nuova realtà, ma deve essere anche spunto per capire, ascoltare una grande fetta di pubblico nuovo, con esigenze nuove e con approcci nuovi che si riflettono anche sul calcio “tradizionale”: ecco una delle nostre nuove sfide.”

 

L’intervistato: Alessandro Oliva

Laurea a Parma, Master a Milano. Ha iniziato come giornalista nel calcio dilettantistico, poi ha scritto principalmente di calcio/business per Calcio&Finanza e Linkiesta, dove ha cominciato anche ad approfondire i legami tra il mondo del giornalismo e dei social fino a farne il suo lavoro. Dopo due anni di esperienza a Linkiesta come Social Media Editor è arrivata l’opportunità con il Parma Calcio, dove ricopre l’incarico di Community & Social Media Manager dal 2017.

 

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Se non lo avete ancora fatto, scaricate QUI il “The European Football Club” Report di IQUII Sport.

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