Il coinvolgimento dei fan, il ruolo dei player 4.0, la monetizzazione dei dati, l’ecosistema degli sport virtuali. Ma anche la linea, sempre più sottile, che separa la comunicazione e l’informazione, soprattutto nello sport system 4.0. Questo, e tanto altro, nella splendida chiacchierata che ci ha concesso la Sampdoria. Seguiamo con attenzione le attività della società blucerchiata, in particolare le nuove iniziative legate agli eSport, e abbiamo chiesto allo staff dell’Area Comunicazione, quindi, quest’intervista per parlarci delle dinamiche del proprio lavoro e della loro visione sulle evoluzioni della Sport Industry, soprattutto in funzione delle nuove strategie di fan engagement e delle future prospettive legate a pubblicità, sponsorizzazioni e monetizzazione.
Prima di tutto: grazie per aver accettato di rilasciarci questa intervista. Nello scenario attuale, che evidenzia lo SportTech come nuova tendenza, nasce Sport Thinking, il Brand Magazine di IQUII Sport che ha l’obiettivo di rappresentare, attraverso una nuova vision, un punto di osservazione ed approfondimento sull’innovazione in ambito Sport Business, sul cambiamento in atto e sulle nuove dinamiche del settore. Voi siete professionisti della comunicazione sportiva, come è organizzata la vostra struttura?
“L’Area Comunicazione dell’U.C. Sampdoria è composta da quattro giornalisti e due tecnici video. Il direttore è Paolo Viganò, già responsabile della comunicazione di F.C. Internazionale durante la presidenza Moratti, negli anni d’oro di Roberto Mancini e – soprattutto – José Mourinho. C’è poi Federico Berlingheri, che ricopre il ruolo di Capo Ufficio Stampa; e insieme a lui Federico Falasca e Alessandro Pintimalli. Il primo si occupa in particolare dei progetti internazionali (come il sito web e @sampdoria_en) e della sezione eSport, mentre il secondo è il volto di Samp TV. A completare il quadro, Marta Pirino e Gabriele Sorrentino, i videomaker di SIKS Adv Creative Agency che giornalmente lavorano alla realizzazione dei contenuti per l’Official Channel blucerchiato.”
I vostri attuali ruoli, all’interno del Sampdoria, vi portano a gestire attività per i social media e per l’ufficio stampa. Come si sviluppa il vostro lavoro, quali sono le principali attività che coordinate, e come si evolve il modello di informazione, comunicazione e marketing di una realtà come la vostra?
“Oggigiorno svolgere il ruolo di Ufficio Stampa per una società calcistica significa confrontarsi con una realtà complicata. Da una parte c’è la necessità di controllare la comunicazione riguardante la società, dall’altra quella di produrla. L’U.C. Sampdoria è un club importante della Serie A: ha vinto uno Scudetto, partecipato e trionfato nelle coppe europee; ma dal punto di vista mediatico non può competere con squadre come Juventus, Inter e Milan.
Quindi, essendo cannibalizzati gli spazi televisivi e digitali dei grandi broadcaster, società come la nostra devono produrre comunicazione, diventando media di se stessi.
Dal 2015 – per volere della proprietà – abbiamo investito nel progetto Samp TV, dando avvio ad una rivoluzione digitale del nostro Official Channel. Ci siamo trasformati da canale tematico territoriale (disponibile in Liguria e basso Piemonte su DTV) a media center sul web, sfruttando le opportunità offerte da YouTube, Facebook, Twitter e degli altri maggiori social media. Inoltre, grazie al supporto di un team di traduzione riusciamo a fornire tutti i contenuti (video e testuali) presenti sulle nostre piattaforme anche in lingua inglese. Così facendo abbiamo cercato di dare una dimensione espansa al nostro brand, raggiungendo sia geograficamente che demograficamente un pubblico che fino ad allora ci era precluso. Stiamo lavorando per ampliare ancora il nostro mercato, creando contenuti in grado di soddisfare sempre più le richieste di tifosi e appassionati. L’obiettivo ultimo è quello di fare sì che i media di U.C. Sampdoria siano il loro punto di riferimento quando si parla dei nostri colori.
Non mancano però ovviamente le collaborazioni con giornali e televisioni (locali e di carattere nazionale). Cerchiamo di irrobustire le nostre relazioni con i broadcaster e creare nuove opportunità di mettere in risalto quanto di buono stia facendo la società. Però in questo caso non siamo noi a produrre quella comunicazione, ma il giornalista della testata o del canale con cui ci andiamo a confrontare. E non sempre l’effetto è quello sperato. A volte può capitare.
Il compito di Ufficio Stampa tuttavia non sta solo nel fabbricare le notizie, ma anche nel monitorarle e gestirle. L’informazione è potere. Sapere per primo oppure no una notizia può fare la differenza, spostare degli equilibri. Comunicare all’allenatore e al suo staff l’infortunio di un avversario oppure la dichiarazione del presidente può essere decisivo. Può influenzare in un modo o nell’altro il lavoro della settimana.
La nostra missione è quella di fare sì che l’Area Tecnica non debba affannarsi a cercare informazioni, ma le possa trovare già comodamente selezionate e decodificate sul proprio cellulare. E WhatsApp in questo senso ha cambiato tutto. Praticamente la Rassegna Stampa si effettua in tempo reale.
L’avvento dei social media è stato dirompente. Si può dire che nella storia della comunicazione – forse perfino dell’uomo – ci sia un tempo ante Facebook e un tempo dopo Facebook. Negli ultimi anni la mole di informazioni da controllare si è decuplicata. Serve un monitoraggio pressoché totale su ogni media e a qualsiasi ora del giorno e della notte. E a volte neppure basta. Prima dell’era degli smartphone ci si poteva trovare di fronte ad un’emergenza quando i giornalisti – e dunque i giornali – venivano in possesso di materiale delicato. Ma prima della messa in stampa del quotidiano c’era tempo e modo di agire. Adesso basta che un tweet entri nel circolo dell’informazione che questa si diffonderà, creando un potenziale e pericolosissimo ‘effetto slavina’. Senza contare che in buona parte dei casi si tratta di fake news o di notizie vere solo in parte.
Il calcio è un argomento leggero, quindi un po’ tutti si sentono liberi di esprimere il proprio pensiero. Il problema è che spesso frasi pronunciate con noncuranza su un social network (talvolta anche dai calciatori) finiscono per creare danni ingenti a società e persone. Il nostro compito è quello di fare sì che questo non accada.”
Il panorama sta cambiando, siamo testimoni di un cambiamento. CRM, membership loyalty. I dati sono al centro dell’interesse e delle strategie delle aziende per generare nuove possibilità di advertising, sponsorship e monetization. E, per arrivare ai dati, è necessario generare una continua esigenza di contatto coi supporter: il tempo è il campo sul quale si gioca la partita di un business in cui si punta a vincere l’attenzione del pubblico. Le aziende, quindi, in primis quelle sportive, si stanno trasformando in vere e proprie media company, per generare contenuti da diffondere sfruttando le nuove tecnologie. Cosa ne pensate? In che modo state lavorando, in tal senso? Quali sono gli strumenti su cui avete puntato per la Sampdoria?
“U.C. Sampdoria ha alle spalle un lavoro lungo anni riguardo la creazione di contenuti originali. Il sito ufficiale è aggiornato alla stregua della versione web di un giornale: contiene articoli, approfondimenti, dichiarazioni e tabellini. Ma il passo in avanti decisivo è stato compiuto quando si è deciso di portare Samp TV su YouTube, offrendo un canale multilingua, on demand e free. Ogni giorno migliaia di tifosi blucerchiati (ad oggi circa 23.000) ricevono un alert sul proprio smartphone, che ricorda loro che c’è un video nuovo e fresco da vedere. Ovviamente il contenuto rimane a disposizione e si può ritrovare nella propria home a distanza di settimane. Lo stesso facciamo su Facebook, Twitter e Telegram, un mezzo troppo spesso sottovalutato.
I nostri supporter ricevono ogni pre-gara un match program, una newsletter che contiene il meglio della settimana e garantisce sconti e promozioni sul merchandising. Il progetto per il futuro è quello di rendere l’esperienza Sampdoria più confortevole possibile, facendo in modo che chi entra nel sito possa usufruire di servizi personalizzati, in grado di tenere conto delle sue preferenze e di quanto fatto nel pregresso. Per esempio: se un tifoso è abituato a comprare il biglietto per le partite in anticipo al sabato, il sito gli segnalerà tutti gli anticipi al momento della pubblicazione dei calendari. Agli appassionati di Quagliarella arriverà una notifica in caso di asta benefica della maglia numero 27. E via discorrendo.
In conclusione, riuscire ad attirare l’attenzione del pubblico – in particolare di quello più giovane, e sempre più disinteressato al calcio giocato – è la vera sfida che affrontiamo ogni giorno. Bisogna captare gli umori, sfruttare azioni di instant marketing, rompere gli schemi. Stiamo lavorando ad una serie di campagne che sfruttino gli influencer, crediamo che possa essere un modo per oltrepassare la barriera che ci divide dai millennial. Per dirla con il gergo di Facebook, l’obiettivo ad oggi è essere un po’ più pubalgici che non nostalgici.”
I social media giocano un ruolo sempre più importante e rappresentano degli asset strategici fondamentali, tra i quali rientrano sempre più le fanbase degli stessi atleti. Questi ultimi stanno diventando veri e propri sport influencer, media a propria volta, che integrano ed amplificano la portata di diffusione delle società e le opzioni di visibilità da monetizzare. Siete d’accordo? Quali sono le vostre strategie di fan engagement?
“Tutte le ricerche ci dicono che acquistando un giocatore di successo (in questo caso più sui social che non sul campo), i numeri degli account dei club salgono di conseguenza. I casi sono molti: mi vengono in mente, tra gli ultimi, Coutinho e Neymar. Perché i calciatori sono oggi più che mai dei brand. In molti – come Cristiano Ronaldo o Dybala – hanno addirittura delle griffe di abbigliamento e merchandising. Ci sono ragazzi e ragazze che non si riconoscono più sotto una bandiera, ma piuttosto in questi calciatori-icona. Quindi i profili degli atleti diventano fondamentali per ampliare il proprio segnale come brand.
Alla Sampdoria abbiamo recentemente tastato con mano cosa significhi avere dei profili con un folto seguito. I tre polacchi Bartosz Bereszynski, Dawid Kownacki e Karol Linetty hanno migliaia di fan in Polonia e la nostra immagine grazie a loro si è rafforzata tantissimo nei paesi dell’est. Non c’è partita che l’account della federazione polacca non ci citi o non ci tagghi parlando dei nostri ragazzi. Una troupe è venuta perfino a Genova a registrare un servizio di mezz’ora. Per noi questo ha un valore incalcolabile.
Il sampdoriano più acclamato però è uno che neanche gioca la domenica. Si chiama Mattia Guarracino e fa il giocatore professionista di FIFA 18. Magari ne avrete sentito parlare come Lonewolf92.”
La Sampdoria ha da poco presentato il suo Pro Gamer di Fifa, allo stesso modo di un nuovo acquisto della prima squadra, e gli eSport sembrano rappresentare una delle più importanti nuove frontiere del fan engagement. Perché avete investito su questa idea? Come credete, gli eSport, si inseriranno nelle iniziative di marketing delle società sportive? Che potenzialità ha questo nuovo ecosistema e come si monetizzano le attività ad esso collegate?
“Siamo di fronte ad una piccola grande rivoluzione. Da tempo si parlava di eSport, ma negli ultimi anni il mercato sembra essere ormai veramente maturo e pronto ad imporsi anche di fronte al pubblico generalista. La FIFA ha fiutato l’affare e sotto la sua ala ha creato – di comune accordo con ‘EA Sports’ – un Mondiale digitale. Prima si chiamava FIFA Interactive World Cup, ma in autunno è stato effettuato un deciso re-brand ed è nata la e-World Cup. La via è tracciata.
Alcune leghe – come l’Eredivisie, la Ligue 1 e più recentemente MLS e A-League – hanno creato campionati paralleli, nei quali settimanalmente i pro player si sfidano difendendo i colori delle varie squadre. Stiamo parlando di un settore in grande fermento e che ha potenzialità di crescita pazzesche. I gamer su YouTube e Twitch macinano numeri colossali. Ci sono influencer del joystick che registrano talmente tante visualizzazioni da fare impallidire i dati dello share da prima serata delle tv di Stato. Certo, sembra folle ma è così.
Quello che stiamo facendo con Lonewolf (Mattia Guarracino) è provare a intercettare questo pubblico di millennial. E l’operazione ci sta riuscendo. Ricordiamoci però che eSport e FIFA non sono sinonimi: associamo sempre il calcio virtuale ai videogame competitivi, ma il calcio è solo una piccola branca di questo incredibile ecosistema. In tutto il mondo – in Asia in particolare – si giocano tornei di Call of Duty, DOTA, Tekken o League of Legends. La finale del mondiale di LOL, per esempio, oltre a fare il pienone nello stadio (al “Nido d’Uccello” di Pechino erano presenti oltre 90.000 paganti) è stata più vista del Super Bowl (364 milioni connessi contro 111 milioni: più del triplo). Non so se ce ne rendiamo conto. Siamo davanti ad una forma di entertainment che ha pochi eguali nella storia.
Nutro qualche dubbio sull’efficacia della strategia, ma alcuni club come la Dinamo Kiev hanno scelto di ingaggiare pro player non solo di FIFA 18, ma anche di titoli non sportivi. Proprio come League of Legends. Solo il tempo ci dirà se sarà stata una buona mossa.
L’idea di fare debuttare la Sampdoria nel campo del gaming nasce da una fortunata intuizione del presidente Massimo Ferrero, rimasto impressionato dal vedere quanto seguito avesse a Roma Mattia Guarracino. Alla società è poi spettato solo il compito di creare un progetto attorno a questa nuova figura e al suo management (la società ‘eSports Academy’). Ci si è accorti cammin facendo di quanto fosse apprezzato il lavoro che stavamo facendo con lui, disputando partite contro altri gamer (Niccolò Mirra dell’A.S. Roma, per esempio) oppure delle challenge con o contro i nostri calciatori. Guarracino ha giocato in coppia alla Playstation con Viviano, Caprari, Regini, Muriel, Bruno Fernandes e tanti altri nostri giocatori. Ma poi li ha sfidati anche sul campo all’interno di video molto divertenti e cliccatissimi in cui si è ritrovato a giocare con Cigarini alla gara di rigori o con Torreira in un torneo di tiri di precisione. Tutti questi contenuti sono stati di assoluto successo: hanno fatto il pieno di visualizzazioni e sono arrivati sugli schermi di giovani utenti che generalmente sono al di fuori della nostra portata. Piacciono perché il protagonista è un ragazzo come tanti e perché fanno vedere i calciatori sotto una luce diversa da quella in cui siamo abituati a immaginarli: non sono atleti su un piedistallo ma venticinquenni che spendono le serate infrasettimanali a chiedersi che cosa sarebbe successo se avessero schiacciato ‘quadrato’ invece che ‘tondo’ davanti alla porta.
A tutto questo lavoro sviluppato online, abbiamo affiancato delle attività offline (si fa per dire). Nel corso della stagione 2016/17 abbiamo organizzato al “Luigi Ferraris” due tornei di FIFA 17: il primo aperto solo agli amatori, il secondo in cui partecipavano in due tabelloni diversi dilettanti e professionisti. Per l’occasione abbiamo invitato a Genova tre squadre europee che sono dei punti di riferimento del settore: Ajax, Sporting Clube de Portugal e Levante. Gli spagnoli ci hanno poi restituito il favore invitandoci a Valencia per il loro trofeo. Un vero spettacolo a 18 partecipanti, con tanto di finale giocata nel pre-gara di Liga e premiazione nell’intervallo.
In campo al ‘Ciutat de Valencia’ andò anche Lonewolf, ma non come vincitore della coppa. Come comparsa. Di tutt’altro tenore invece la sua passeggiata a Marassi con la maglia numero 92 prima di Sampdoria-Roma, gara di campionato trasformata per l’occasione in una sorta di eSport day. Il gamer – primo tra tutti a farlo in Serie A – è stato presentato nel pre-gara alla stregua di un nuovo acquisto, facendo una passerella davanti alla Gradinata Sud e a tutto lo stadio, con le immagini delle sue vittorie digitali in visione sui maxi-schermi. Sulla sua testa sono piovuti tanti applausi. E pensare che gli ultimi giocatori entrati per una camminata fuori programma al ‘Ferraris’ erano stati due assi da novanta come Luis Muriel e Samuel Eto’o.
Ogni iniziativa di questo tipo diventa quindi una leva fondamentale per accorciare le distanze dal proprio pubblico più giovane. Ma non solo. Diventa un’opportunità di commercializzare spazi ed eventi che fino a poco tempo fa non erano neppure pensabili. Le televisioni sono fortemente interessate a questo prodotto: sia ai tornei – SKY ha mandato in onda la FIWC del 2017, l’Officium Cup e la Levante eSports Cup; l’RSI ha realizzato uno speciale sulla Sampdoria eSports Cup – sia ai protagonisti del gioco. Lonewolf è già apparso in maglia blucerchiata tra le altre su RAI, SKY Sport, Mediaset Premium, FIFA TV, RSI, La Liga Channel. Un esercito di tv. È possibile monetizzare moltissimo con una tale esposizione mediatica.
La maglia del giocatore si può personalizzare inserendo sponsor (svincolati dagli accordi commerciali con la prima squadra), per esempio. Poi il player può indossare accessori, come orologi, monili e cappellini. Oppure strumenti tecnologici, dalle cuffie al cellulare. Senza dimenticare aspetti come il beverage oppure gli spazi fisici dove si svolgono gli eventi: è possibile creare pannelli ad hoc per customizzare a piacere ogni sala di gioco. Ovviamente poi ci sono le console e gli schermi, due elementi fondamentali.
Presto o tardi nascerà anche una e-Serie A. E allora ci saranno anche dei diritti di trasmissione da vendere al migliore offerente. Ci vorrà ancora qualche tempo, ma l’importante è smettere di pensare: ‘Bah, sono solo videogame’.”
Brand Journalism e Brand Entertainment, ma anche nuove e più immersive Brand Experience, grazie a Internet Of Things, Virtual Reality, Mixed Reality, sensoristica e intelligenza artificiale. Con un grande lavoro da fare in funzione della nuova concezione di Arena Digitale. A che punto siamo, a vostro modo di vedere, e in che direzione si sta andando?
“La dimensione tecnologica raggiunta negli ultimi anni è impressionante. Giornalmente ognuno di noi usa delle estensioni digitali per acquisire informazioni, intrattenersi, studiare, creare relazioni e mille altre cose. I tifosi non fanno eccezione. L’obiettivo delle società deve essere quello di creare un’arena digitale, dove i fan possano essere costantemente connessi e integrare l’esperienza della partita con quella di una realtà aumentata, dove abbiano accesso a dati, contenuti extra e statistiche. Dagli highlight alle mappe di calore, agli expected goal e via dicendo.
Naturalmente però tutti questi aspetti devono poggiare su infrasfrutture moderne, in grado di mettere a disposizione del tifoso delle tecnologie all’avanguardia. E sfortunatamente da questo punto di vista in Italia siamo davvero indietro. Anche se qualcosa a livello di impiantistica si è mosso: oltre alla Juventus anche l’Udinese, il Sassuolo, il Cagliari, l’Atalanta e più recentemente il Frosinone hanno avviato (e in diversi casi concluso) progetti legati allo stadio.
Il pre-show che si vede a Torino prima di ogni partita dei bianconeri è qualcosa che sarebbe bello vedere su ogni campo: ci sono giochi di luce, musiche e video. La sensazione è quella di avere un ruolo, una parte nello spettacolo.
Di tutt’altro ordine, ma pur sempre apprezzabile, ciò che ha fatto il presidente Stirpe, che ha avuto coraggio affidandosi a Tifosy per attivare un crowdfunding per il perfezionamento del nuovo stadio. Sentire di avere messo anche un solo mattone per la costruzione della propria curva deve essere un motivo di orgoglio per ogni tifoso e c’è da scommetterci che questa scelta pagherà sia nel breve che nel lungo periodo.
Noi siamo in coda in questo momento: c’è un importante lavoro di riqualificazione del ‘Ferraris’ che aspetta solo di essere messo in atto. Quando Sampdoria e Genoa completeranno l’acquisizione dello stadio si potrà dare avvio a tanti progetti in grado di trasportare il calcio genovese in una dimensione sempre più moderna.
Detto questo, ci sono leghe come la Premier League, la Liga (in vera ascesa degli ultimi anni), la Bundesliga e – non c’è da stupirsi – l’MLS dove il marketing e queste operazioni che mescolano realtà sensoriale e virtuale sono all’ordine del giorno. E sono anche considerate un plusvalore. In Italia troppo spesso l’evento partita è invece limitato ai novanta minuti di gioco. Ma questa è una concezione che ormai possiamo catalogare come superata.”
Dall’unione delle dinamiche di marketing 4.0 e industry 4.0 nasce il nuovo concetto di sport 4.0. Il cliente/fan al centro della strategia, con la tecnologia ad abilitare nuovi comportamenti e nuove possibilità di business. Per arrivare alla pubblicità individuale, come detto, attraverso i dati. Da monetizzare, poi, in modo diretto, ma anche indiretto, attraverso la cessione agli sponsor. Condividete questa ‘vision’?
“Il cliente – nel nostro caso il tifoso – al centro del villaggio. Le nuove strategie di marketing sono quasi tutte improntate su un modello che vuole porre l’attenzione sul singolo individuo, sagomando l’informazione e la sua esperienza di navigazione e acquisto sulla base di quanto già conosciamo dell’utente attraverso i suoi dati. Età, residenza, parentele, presenze allo stadio, spesa media annuale per il club e via dicendo. Questi sono solo alcuni degli indici che nel futuro prossimo ci porteranno ad una comunicazione mirata sulla nostra utenza. Per anni ci si è affannati per lavorare sui grandi numeri, sperando di aumentare le percentuali di utenti attivi indovinando le giuste promozioni o attività di marketing.
Oggi si tende ad allestire pubblicità di tipo individuale. Sapere che il signor Mario Rossi abita fuori regione, si reca allo stadio solo un paio di volte all’anno ma spende per l’acquisto dei regali di Natale a tema Sampdoria deve spingere la società a inoltrargli le comunicazioni che riguardano il merchandising più che il ticketing. Perché in questo modo è molto più facile che si incontrino i suoi gusti. Insomma, oggi maneggiare i dati significa disporre di una piccola ricchezza.”
Ringraziamo l’Area Comunicazione della Sampdoria per il prezioso confronto. Continueremo a seguire i blucerchiati sui social network e sui canali ufficiali della società.
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