Evoluzione, innovazione, sport. Sport 4.0, come diciamo spesso. Tante nuove soluzioni, per un’esperienza totalmente ripensata, sia per chi pratica che per chi assiste. Una di queste opportunità è, di sicuro, l’Internet of Things, una vera rivoluzione sempre più appassionante, col passare del tempo, in modo direttamente proporzionale alla capacità di connessione e alla diffusione di dispositivi embedded.
“Tutto ciò che può essere automatizzato sarà automatizzato.” (Robert Cannon, esperto di robotica)
Internet of Things, wearable e Sport: evoluzione e sicurezza
È nella Sport Industry 4.0 che l’evoluzione dell’IoT trova le sue soluzioni più esaltanti. L’Internet of Things è in continua mutazione, in costante crescita, e il suo arrivo è più che mai tempestivo, visto che le organizzazioni sportive e le società stanno esplorando dispositivi, in rete e portatili, sia durante le partite che in allenamento – per gli atleti – sia nelle strutture sportive per l’esperienza dei fan. Le applicazioni sono tante e sarebbe davvero difficile elencarle tutte. Tra quelle più affascinanti, di sicuro:
i sensori nei caschi degli atleti per misurare l’impatto in caso di incidente;
le spalline con appositi sensori per misurare le prestazioni del giocatore sul campo;
le telecamere attorno al perimetro per il monitorare e analizzare i movimenti dei giocatori;
i sensori adesivi sulla pelle degli atleti per misurare i dati fisiologici e i livelli di idratazione;
la goal-line technology con l’inserimento di sensori sul pallone da calcio e sotto il manto erboso;
gli attrezzi high-tech il cui tessuto rilevi, e analizzi, il giusto movimento muscolare;
le mini telecamere sul casco dell’atleta o sulle auto/moto per catturare viste uniche del gioco.
La maggior parte degli sport sono considerati semplice divertimento, ma, alcuni, sono veramente rischiosi per gli atleti. L’Internet of Things permette di trovare soluzioni che possano aiutare a proteggerne la salute e, in alcuni casi, la loro stessa vita. Un giocatore che viene colpito o cade, per esempio, e ha un sensore nel casco – che misura l’impatto e trasferisce informazioni all’allenatore e alla squadra medica – consente di capire immediatamente se è sicuro continui a giocare. Di recente, per dirne un’altra, la FIA ha chiesto ad alcuni piloti di Formula 1 di sperimentare dei guanti biometrici in grado di monitorare la loro frequenza cardiaca e la quantità di ossigeno nel sangue: in caso di incidente, i sensori inseriti in questi guanti riescono a comunicare alla medical car e all’ambulanza i dati fisici e i parametri vitali, in modo da pianificare l’intervento di soccorso e l’estrazione dall’abitacolo.
Le squadre di pallacanestro NBA, altro esempio, usano dispositivi indossabili per misurare l’accelerazione, la decelerazione e soprattutto i carichi e gli intervalli di salto. Tutto questo permette di rilevare lesioni, anche lievi, e non riscontrabili con una semplice visita medica. Le più piccole variazioni nei carichi e nelle altezze del salto, infatti, possono indicare uno squilibrio, causato da una potenziale lesione, vecchia o nuova. Un tema, questo, molto sentito anche nel rugby – dove si usa registrare sia la forza che l’inclinazione degli impatti sulla testa – e nel football americano, dove vengono indossati caschi con tecnologia integrata per raccogliere dati biomeccanici sulle lesioni cerebrali in base ai quali creare programmi personalizzati di riabilitazione.
Ma i confini della tecnologia sono mobili, si spostano sempre un po’ più avanti, fino a guardare nel futuro e – in un certo senso – ad anticiparlo. Di recente, i ricercatori dell’Università del Tennessee di Chattanooga hanno sviluppato una piattaforma che misura il rischio di infortuni di un atleta e permette di creare – attraverso una serie di dispositivi wearable – un ‘profilo di rischio’ personalizzato, gestibile dai propri smartphone. Il vantaggio principale del tech, in questo caso, è quello di offrire una visione di insieme non condizionata dalle considerazioni soggettive. Come, ad esempio, quelle di un giocatore che ci tiene a essere in campo anche se sa di non essere in piena forma: un’analisi più obiettiva a cui contribuiscono anche la storia dei precedenti infortuni e i risultati dei test di screening standardizzati.
Internet of Things e Athlete Performance: l’ottimizzazione delle prestazioni
Nello sport – dove la competizione spesso si gioca in termini di centimetri e di millesimi di secondo – anche il minimo margine di guadagno è un gran guadagno: un piccolo miglioramento nelle prestazioni – per quanto apparentemente insignificante – si traduce in un un grande vantaggio che, a sua volta, potrebbe portare a miglioramenti molto più significativi. Milioni di dati raccolti da wearable e sensori permettono, ai team, di individuare ogni tassello delle performance, compresi i punti negativi: ogni piccolo dettaglio può essere studiato, valutato e, quando serve, corretto per migliorare le prestazioni future. La tecnologia ha portato la competizione a livelli mai visti prima, ma ha anche ampliato le possibilità di ‘automonitoraggio’ ed espressione del talento sportivo e, di conseguenza, aumentato la voglia stessa di praticare, rispetto al semplice guardare.
Fitness
Più piccola, più intelligente e integrata in qualsiasi tipo di oggetto da indossare – dall’orologio alla tuta – la tecnologia wearable è diventata, in tal senso, sempre più popolare, passando dagli atleti professionisti, ai dilettanti, ai semplici amatori della domenica e a tutti quelli che desiderano tenere sotto controllo i propri livelli di fitness. Tractica, per questo, prevede la vendita di 310,4 milioni di dispositivi indossabili in tutto il mondo solo quest’anno e, entro il 2021, Gartner stima che le vendite di smartwatch raggiungeranno quasi 81 milioni di unità, ma le cifre sono destinate ad aumentare perché la tecnologia fitness continua a crescere e a evolversi. Di che tipo? Ecco alcuni esempi:
tracker che misurano l’esercizio quotidiano – con contapassi, cronometro e timer – , ma aiutano anche a migliorare la qualità del sonno – e di conseguenza lo stato di salute in generale – analizzando la frequenza cardiaca per stimare quante ore si dorme ogni notte e quante di queste ore sono di sonno profondo o leggero;
smartwatch in grado di monitorare e registrare le sedute di allenamento senza interruzione;
occhiali dotati di display su cui vengono proiettati dati relativi a velocità e distanza;
scarpe dotate di sensori e accelerometro, in grado – grazie a un test di salto – di stabilire quando il corpo è pronto per la corsa;
caschi con GPS integrato.
L’elenco potrebbe continuare all’infinito: il futuro è sicuramente quello di una tecnologia sempre più facile da usare, più invisibile e più performante e precisa possibile – in termini di dati tracciati – per il consumatore. È per questo che molte aziende si stanno orientando verso soluzioni che estremizzano il concetto di wearable, introducendo la sensoristica all’interno dell’abbigliamento: scarpe, ma anche calze che misurano l’impatto dopo un salto e la torsione alla caviglia, pantaloni da yoga in grado di vibrare per consentire la corretta esecuzione degli esercizi, maglie che monitorano l’attività cardiaca, la respirazione, la muscolatura e il polso. Progettare un prodotto wearable di questo tipo, non è semplice, perché vuol dire tenere conto di una serie di fattori.
Comfort: i sensori devono integrarsi perfettamente nel tessuto e l’atleta non deve avvertirne la presenza quando li indossa.
Stile: la moda detta le sue leggi, anche in palestra, e gli atleti vogliono indossare qualcosa di esteticamente piacevole.
Durata: questo tipo di abbigliamento deve essere particolarmente resistente all’usura, ma anche al sudore e alle intemperie.
Prestazioni: è necessario garantire la massima leggerezza usando sensori poco ingombranti, contrastare la sudorazione usando tessuti hi-tech e favorire la performance con batterie che durino più a lungo possibile.
Running
“Ho sempre amato correre, è qualcosa che puoi fare da solo, unicamente grazie alla tua volontà. Puoi andare in qualsiasi direzione, correre lento o veloce, o ‘controvento’ se ne hai voglia, scoprire nuovi luoghi usando solo la forza dei tuoi piedi ed il coraggio dei tuoi polmoni”, diceva Jesse Owens.
Milioni di persone corrono e la tecnologia corre con loro, precedendole. La corsa è spesso uno momento solitario, la sfida che un individuo pone innanzitutto a se stesso, ai suoi limiti. Ecco che – per questo – l’uso di dispositivi wearable diventa soltanto la versione più tech di un confronto vecchio come il mondo, ma con armi moderne come:
footpod, ovvero sensori che si possono adattare ai lacci delle scarpe e che possono monitorare una serie sorprendente di parametri, come forza e velocità di impatto del piede, tempo di contatto con il suolo, cadenza, oscillazione delle gambe. Questi sensori sono anche in grado di attribuire un punteggio alla prestazione, in modo da sapere come migliorarla e persino quando è il momento di sostituire le scarpe;
fasce da braccio dotate di cardiofrequenzimetro e memoria interna;
running watches, orologi dotati di GPS, in grado di caricare percorsi, e di sensori di cadenza, altimetri e sistemi di monitoraggio cardiaco ancora più precisi ed efficienti dei cardiofrequenzimetri;
sottopiedi intelligenti che – una volta posizionati all’interno delle scarpe – trasmettono tutti i dati relativi alla pressione, allo stress e all’impatto del piede;
auricolari che si trasformano in un personal trainer che dà consigli mirati attraverso una voce elettronica.
Internet of Things e Sport Management 4.0: i dati per Coaching, Smart Arena e una nuova Fan Experience
Che un momento sportivo sia una fonte quasi inesauribile di dati non è un’idea nuova: negli ultimi anni, infatti, i club hanno cominciato a utilizzare analisi trasversali che combinavano informazioni provenienti dalle telecamere e dagli schermi video con altre fonti di dati, in particolare quelli provenienti dai satelliti GPS e dagli accelerometri utilizzati dai giocatori. Nuove, invece, sono le possibilità di raccogliere e sfruttare le informazioni concesse dalla tecnologia dell’IoT: la ricchezza dei dati accessibili e la velocità con cui vengono ottenuti non ha precedenti. L’enorme mole che si può acquisire ha portato a due importanti conseguenze:
Ha cambiato il modo di intendere il coaching del collettivo, oltre che del singolo. L’atleta, come abbiamo visto, collegato attraverso i sensori, trasmette una serie di dati che permettono all’allenatore di monitorare le sue prestazioni, il suo stato di salute, l’affaticamento, lo stress e la performance in generale: informazioni importanti che indicheranno al coach quali scelte prendere riguardo all’allenamento e all’eventuale partecipazione alla partita. Ma, appunto, la tecnologia ha esteso la possibilità di analisi delle dinamiche di squadra, consentendo di intervenire per modificare, rimodulare, perfezionare il concetto di blocco unico in movimento. L’uso dei droni, ad esempio, soprattutto negli sport di contatto e di rapidità, permette di catturare l’azione da tutte le angolazioni, sia durante il match, che nella sessione di training, abilitando una ‘visione globale’ impossibile per l’occhio umano. Esiste la possibilità, poi – per team e atleti – di condividere quegli stessi dati, o parte di essi, con i fan, attraverso le app o i social media: in pratica, chiunque abbia una connessione WiFi, e un tablet o uno smartphone, può avere una visione molto simile a quella di un allenatore.
Il passaggio dall’idea di Smart Building a quella di Smart Arena. Gran parte della forza dietro l’idea dell’Internet of Things, in ambito sportivo, si basa sullo sviluppo del concetto di un ‘edificio intelligente’ – la Smart Arena – che unisca le risorse tecnologiche esistenti e che sia abbastanza flessibile da poter incorporare quelle nuove, man mano che vengono adottate: WiFi, sensori, droni, allarmi, termostati, sistemi di ingresso con porte automatiche, display digitali, contatori intelligenti, digital payment e biglietteria elettronica.
La tecnologia IoT, però, sta cambiando e ancora tanto potrà cambiare, il modo in cui le persone osservano il gioco, incrementando, in un certo senso, la percezione, la visione o – per meglio dire – le informazioni ad esse associate. Su alcuni campi di basket, ad esempio, ci sono sensori che mostrano al pubblico con quanta forza il giocatore stia lanciando la palla attraverso il canestro. Durante lo scorso Tour de France, ancora, circa 600 sensori sono stati posizionati sotto i sedili di 200 corridori e hanno trasmesso i dati ricavati a elicotteri e aerei: visto che molti desiderano proteggere le informazioni personali, questa soluzione è stata considerata un buon compromesso per tutte le parti interessate, così come per gli appassionati, per i quali ha significato avere a disposizione circa 75 milioni di letture GPS con i nomi dei protagonisti, delle squadre, la classifica aggiornata, le mappe con le rilevazioni ambientali, le condizioni del terreno e quelle tempo.
“L’Internet of Things ha il potenziale per cambiare il mondo, proprio come ha fatto Internet. Forse anche di più.” (Kevin Ashton, esperto di Tecnologia e padre del termine Internet of Things)
Uno dei problemi più pressanti, per lo Sport Management 4.0, nell’era della disattenzione, è quello di mantenere alta la qualità dell’intrattenimento proposto, pena un calo generale dell’interesse, com’è capitato di recente alla Major League americana, ad esempio. La maggior parte dei canali della Pay TV, per questo, ha iniziato ad offrire la possibilità di personalizzare il proprio pacchetto/abbonamento con opzioni sempre più evolute: è necessario, quindi, offrire allo spettatore qualcosa di diverso, qualcosa che a casa non può trovare. La fruizione live, certo, ma soprattutto la varietà di punti di vista, di informazioni e di stimoli che può contenere.
Un’esperienza sempre più immersiva, insomma, per un coinvolgimento totale, che garantisca ai player dello Sport Business i tempi di contatto, per accumulare dati e generare occasioni di visibilità da sfruttare e monetizzare. Così come per i tech brand: i nuovi dispositivi, che migliorino la pratica, singola o di squadra, rappresentano nuove possibilità da pensare e produrre per top club e sport influencer, così come per la grande distribuzione. Perché lo sport, dall’amatore al professionista, dal calciatore al ciclista, dallo sponsor alla società sportiva, non sarà mai più come prima.
E, per lo Sport Manager 4.0, non farsi superare dalla tecnologia è la nuova sfida.
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