Non è facile parlare di un uomo che con la sua morte ha fatto riaffiorare i giudizi e le impressioni delle persone legate alla sua vita terrena. Una vita di un uomo che non possiamo considerare “normale”, viste le sue doti in campo, le sue vittorie, la sua contraddizione, sempre elevata agli estremi di una umana comprensione. La giornalista Monica D’Ascenzo, il giorno dopo la sua morte, ha scritto questa frase che riporta agli occhi di chi ha vissuto gli anni dell’epopea Maradona, la realtà, fin troppo umana, di un uomo fuori dal comune in tutti i sensi. “Un grande calciatore, uno dei migliori giocatori di calcio della storia (per alcuni il migliore in assoluto). Ma è anche quello che è stato sospeso due volte dal calcio giocato: una volta per uso di cocaina nel 1991 e un’altra volta per positività ai test antidoping, al mondiale degli Stati Uniti 1994. Nella vita privata è stato denunciato dalla moglie «per i danni e i pregiudizi provocati dalle calunnie e dagli insulti». Fuori dal matrimonio ha avuto 2 o 3 figli che ha tardato a riconoscere. Nel caso di Diego Armando jr lo ha fatto 21 anni dopo la sentenza del tribunale, che riconosceva la paternità nel 1993 dopo test del dna.”
La domanda che ci rincorre è sempre stata una: come sarebbe stata la vita di Maradona, il suo percorso qui, sulla terra, da calciatore e da uomo, se fosse vissuto ai tempi dei social media? Certo la stessa domanda la potremmo sollevare per tutti i personaggi contraddittori della storia dei quali ci restano solo le immense opere di letteratura, cinema, pittura, arte e musica: Ernest Hemingway, Jim Morrison, Charles Baudelaire, Modigliani, Utrillo e tutti gli artisti maledetti di Montparnasse.
“Ma lui era nato in un posto dove non c’è nulla: un povero che diventa un Dio” (Michele Serra)
Diego Armando Maradona è e sarà ricordato come un personaggio storico, con tutte le sue contraddizioni, che le conversazioni post mortem hanno reso ancora più indelebile nella memoria della gente. Maradona, dal 25 novembre, è stato al centro dei discorsi di milioni di persone, attraversando l’intero globo e forse questa long tail non si esaurirà così presto e continuerà a generare dati attorno al topic “Maradona”.
Maradona è stato ricordato, contestato, osannato e pianto in tutte le lingue del mondo. Maradona l’uomo, il calciatore, il padre, il figlio, il marito, l’amante.
Cosa resterà di lui? Intanto le conversazioni che, a torto o a ragione, lo hanno messo di nuovo sul tetto del mondo in un media che gli aveva risparmiato la lapidazione digitale così come l’aveva privato della massima esaltazione, durante la sua carriera e durante la sua spericolata vita.
Il profilo commemorativo: anche noi come Maradona
Resteranno i numeri dei fan che si sono aggiunti ai suoi profili, Facebook e Instagram: quest’ultimo trasformato in account commemorativo, in una manciata di ore è passato da 6,9 milioni di follower a 7,2 milioni di follower. Quello della crescita della fanbase è un effetto quasi naturale che si verifica alla morte dei personaggi più o meno famosi o comunque che lasciano un’impronta nell’immaginario e nel cuore delle persone. Spesso questa dinamica di crescita è legata anche al modo in cui se ne vanno, alla tragicità, al pathos sviluppato dalla loro dipartita.
Ma cosa succede ai profili dei defunti (famosi e non) che lasciano questa terra (digitale e non)? Nel caso di Maradona e del suo profilo Instagram è stato creato appunto un account commemorativo e questo accade nel momento in cui i parenti del defunto comunicano, tramite un form predisposto, la dipartita del congiunto. L’opzione messa a disposizione da Instagram nel 2020, con chiari riferimenti all’aumento delle morti a causa del Covid-19, era già presente in Facebook dal 2015: è consentito infatti, per ciascuno di noi, di nominare un profilo erede che avrà la facoltà di comunicare la morte, attivare la trasformazione in profilo commemorativo e bloccare qualsiasi attività di pubblicazione e aggiornamento del profilo del defunto, congelandone, di fatto, la sua essenza e impedendo che il contenuto venga “alterato” da ulteriori aggiornamenti.
Oggi la morte naturale è associata anche a una morte digitale che viene celebrata in luoghi che oltrepassano l’immaginario. La morte digitale che diventa anche il momento per ogni essere umano di interrogarsi non solo sull’opportunità di esternare le proprie emozioni e considerazioni, ma anche sulla destinazione che avranno tutti i dati e le tracce lasciate da nel web. Così il discorso scivola naturalmente verso quel concetto di Commemorazione Collettiva che Giovanni Ziccardi ha ben descritto nel suo “Libro digitale dei morti” dove prende corpo la lunga veglia funebre nei social per le star decedute, come appunto è stato fatto per Diego Armando Maradona.
“Per la prima volta nella storia, grazie al digitale, la possibilità di commemorare, che prima era relegata in determinati ambiti quali il cimitero, la camera ardente o la cappella dell’ospedale, entra in rete e inizia a far parte di quel mondo che non è solo composto da Internet e dal web ma da tutto l’insieme dei luoghi della vita sociale online. La generazione online, in particolare, sta pian piano ridefinendo le modalità di gestione del lutto e della commemorazione” (G. Ziccardi)
Maradona e i dati post mortem
(analisi fatta sulla produzione e interazione dei post dal 25 al 28 novembre 2020)
Maradona è stato pianto in tutti i paesi del mondo: Italia, Argentina, Brasile, Messico, Francia, Cile, Venezuela, Spagna e Grecia, sono, nell’ordine, i paesi con le maggiori interazioni.
I social utilizzati? Twitter (46,66%) e Instagram (46,1%) le piazze dove i fan si sono espressi con forza, attivando pubblicazione dei post per condividere il lutto.
Infine le tre lingue più usate per piangere il centrocampista argentino sono risultate lo Spagnolo (27,97%), l’Inglese (26,69%) e l’Italiano (13,78%).
Forse tutto quello che abbiamo prodotto in questi pochi giorni su Maradona, resterà per sempre racchiuso nei server di Menlo Park e diverrà patrimonio storico di un evento che ha scosso le masse attorno a un uomo dall’esistenza a tratti discutibile. Ma nello sport verrà ricordato forse come il più forte calciatore di tutti i tempi.
Nel 2014 Maradona era in visita a Roma e venne invitato alla Ambasciata Argentina per presenziare durante un evento ufficiale. La foto di questo articolo è stata scattata da Paolo Petrignani, il fotografo che era presente in Ambasciata per documentare l’evento e che ci ha concesso gentilmente di utilizzarla per raccontare Maradona dopo la sua morte. Questa foto è carica di quella emblematicità che caratterizzava il Maradona degli ultimi anni: un uomo ritratto con il peso degli anni che lo aveva trasformato profondamente nell’anima e nel corpo, conservando però quell’aura quasi magica che lo ha accompagnato fino al 25 novembre 2020.
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