Maurizio Pistocchi: “Una squadra di calcio può diventare un eccezionale veicolo di contenuti”

maurizio pistocchi

Siamo con Maurizio Pistocchi, autore e giornalista di SportMediaset. Seguiamo con attenzione le sue attività e gli abbiamo chiesto, quindi, quest’intervista per parlarci del proprio lavoro e della sua visione sulle evoluzioni della Sport Industry, soprattutto in funzione delle esigenze del Sistema Calcio, in rapporto alla sua riorganizzazione ed alla digitalizzazione degli stadi e delle strutture sportive. Ma, anche, in funzione delle nuove strategie delle società sportive, sempre più media company, con l’obiettivo del fan engagement per creare opportunità di pubblicità, sponsorizzazione e monetizzazione.

Salve Maurizio, prima di tutto grazie per aver accettato di rilasciarci questa intervista. Nello scenario attuale, che evidenzia lo SportTech come nuova tendenza, nasce Sport Thinking, il Brand Magazine di IQUII Sport che ha l’obiettivo di rappresentare, attraverso una nuova vision, un punto di osservazione ed approfondimento sull’innovazione in ambito Sport Business, sul cambiamento in atto e sulle nuove dinamiche del settore. Lei è un professionista della comunicazione e dell’informazione, qual è stato il suo percorso personale?

“Ho iniziato collaborando alla pagina di Cesena de ‘Il Resto del Carlino’, poi sono stato corrispondente da Cesena de ‘Il Giornale’, contemporaneamente frequentavo la Facoltà di Giurisprudenza all’Università di Bologna. Nel 1976 sono stato iscritto all’Ordine dei Giornalisti, elenco Pubblicisti, e ho iniziato a collaborare con radio e tv locali e nazionali (per Rete4, ancora di Mondadori, ho fatto per due stagioni le telecronache delle partite del Cesena in serie A). Dal settembre 1986 ho iniziato a collaborare a tempo pieno con la Redazione Sportiva Fininvest. Dalla stagione 1987/88 sono stato autore e curatore di programmi, e ospite parlante in tutte le trasmissioni di successo degli anni ’90 e 2000: ‘L’Appello del martedì’ (con Maurizio Mosca), ‘Pressing’ (con Raimondo Vianello), gli speciali ‘Dopo-Coppe’ (con Sandro Piccinini) e ‘Mondiali’ 94/98/2002 (con Massimo De Luca ), ‘Guida al Campionato’ e ‘Serie A Live’ (dal 2005 al 2017).”

Come si sviluppa il suo lavoro, all’interno della redazione di SportMediaset? Quali sono le principali attività di cui si occupa e che coordina? Come si evolve il modello di informazione di una realtà come la vostra, e il modo in cui lei esercita la sua professione, in rapporto al digitale, ai new media ed ai nuovi strumenti di comunicazione?

“Attualmente sono a disposizione della redazione per la realizzazione di servizi chiusi per PremiumSport e SportMediaset.”

Lei è un affermato giornalista, che si occupa di contenuti ed è molto attivo sui social, che giocano un ruolo sempre più importante e rappresentano degli asset strategici fondamentali per qualsiasi azienda, abilitando la disintermediazione. Organi di informazione, società sportive, gli stessi atleti: tutti media, tutti in competizione per vincere l’attenzione e il tempo delle persone, con l’obiettivo di arrivare ai loro dati, con iniziative sempre più profilate, per generare nuove opportunità di advertising e sponsorizzazione da monetizzare. Cosa ne pensa? Quali sono, in tal senso, le strategie di una testata tanto importante come quella per la quale lavora?

“La gestione dei social viene svolta dalla testata e dai singoli giornalisti in modo indipendente, non esistendo la policy aziendale sull’argomento.”

Brand Journalism e Brand Entertainment. Le aziende, come abbiamo detto, in primis quelle sportive, si stanno trasformando in vere e proprie media company, per generare contenuti da diffondere sfruttando le nuove tecnologie, organizzandosi e strutturandosi come delle redazioni. Fabio Guadagnini al Milan, l’Inter con la Media House, sono esempi italiani di un nuovo modo di fare comunicazione, strutturato sulle dinamiche dell’informazione, sfruttando i nuovi strumenti (social media, soprattutto) e le nuove tecnologie (Virtual Reality, Mixed Reality, tra le altre), per diffondere contenuti in format di vario tipo, per intrattenere e intercettare i propri target e creare nuove e sempre più immersive Brand Experience. Qual è il suo parere, in tal senso? In che direzione si sta andando, a suo modo di vedere? Quanto è importante, per le aziende sportive, la visione che può portare un profilo con grandi competenze giornalistiche?

“Una squadra di calcio può diventare un eccezionale veicolo di contenuti, se chi gestisce le informazioni è in grado di intuire i vantaggi che una strategia di comunicazione azzeccata può portare. Il caso Pordenone, in occasione della sfida di Coppa Italia con l’Inter, è indicativo di come sia possibile trasformare una criticità in un vantaggio.”

Il fan al centro di tutto, abbiamo detto. E le strutture, in tal senso, hanno grande rilevanza. L’Italia sembra essere indietro, rispetto ad altri paesi, relativamente alla realizzazione di stadi ed impianti sportivi che migliorino la fan experience e, di conseguenza, che rappresentino il primo passo per favorire il fan engagement e l’acquisizione di dati da monetizzare, puntando sui nuovi asset digitali. Nuove fonti di fatturato indispensabili per aumentare la competitività, sia al livello dei club che delle nazionali. Sport Tech, Arena Digitale, Realtà Virtuale, sono solo alcuni dei temi più attuali. Quanto è importante adeguare le strutture? Come si lavora per ‘accontentare’ il Fan 4.0? Come crede il movimento calcistico italiano debba riorganizzarsi, a livello manageriale ed operativo, dopo la mancata qualificazione ai prossimi Mondiali? Quali dovrebbero essere i punti principali da affrontare, a suo parere, nell’agenda del prossimo Presidente FIGC?

“Il punto critico del sistema-calcio in Italia è rappresentato dalle strutture e dagli impianti sportivi, nella maggioranza dei casi inadeguate e obsolete. Stadi vecchi, stadi scomodi, nei quali la parte peggiore delle tifoserie continua indisturbata a ostacolare l’accesso di donne e bambini. L’Italia ha sprecato la grande occasione dei Mondiali di Italia’90, costruito impianti inadatti al calcio e che sono stati da subito una dimostrazione evidente del malaffare, e oggi non ha la possibilità di adeguare e ristrutturare gli stadi: solo la Juventus, grazie ad una discussa concessione e un accordo con il comune di Torino, ha potuto adeguare il proprio impianto, realizzando uno Stadio moderno, anche se palesemente inadeguato – per la ridotta capienza – rispetto alle strutture delle grandi europee. Il calcio in Italia deve ripartire dagli impianti, adeguare le strutture alle esigenze odierne, pensare ad uno spettacolo sportivo, o a uno sport spettacolo.”

Ringraziamo Maurizio Pistocchi per il suo prezioso contributo. Continueremo a seguirlo sui social network e sui canali ufficiali di SportMediaset.

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