Sport e content strategy: nuove opportunità di revenue da storytelling e OTT

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Il rapporto tra i tifosi e lo sport sta attraversando una fase di cambiamento radicale, con una graduale disaffezione che negli ultimi anni si è accentuata. La Generazione Z è sempre meno attratta dall’evento sportivo in diretta e il consumo dei brevi contenuti video sportivi è aumentato per tutte le generazioni, senza eccezione per la Gen Z.

Lo sport è da sempre un importante indicatore sociale, specchio dei tempi che viviamo. L’era attuale è segnata dalla velocità, della connessione continua e dal non accontentarsi di ciò che ci viene proposto. I mezzi e le possibilità per andare più a fondo e scoprire ciò che si nasconde dietro a tutto quello che vediamo esistono, e per i fan non è giustificabile non utilizzarli.

La fruizione passiva degli eventi sportivi non è più contemplabile ai tempi del Web3, della tecnologia immersiva e del metaverso, e la Sport Industry è chiamata a rivedere totalmente la propria content strategy per trovare il modo di rendere i giochi nuovamente appetibili.

Il racconto alla base della nuova content strategy

È a questo punto del percorso che si inserisce la nuova content strategy della Sport Industry che da un paio d’anni a questa parte sta rivoluzionando il mercato e rigenerando la passione verso un settore che ha subito un fortissimo contraccolpo durante la pandemia. Il nuovo obiettivo dei brand sportivi è quello di portare il tifoso a conoscenza del lato più nascosto, e quindi più esclusivo, di un movimento, di una squadra o di un atleta.

The Last Dance e Drive To Survive: gli effetti dello storytelling sui fan

Grazie agli accordi stretti con i colossi del mondo OTT come Netflix o Amazon Prime, contenuti originali del calibro di The Last Dance e Drive To Survive, solo per citare i due maggiori esempi, hanno generato impatti tangibili per l’intero settore di riferimento. Basti pensare che la docu-serie sull’ultimo anello dei Chicago Bulls capitanati da Michael Jordan ha portato un incremento del 90% negli ordini delle iconiche sneakers Air Jordan della Nike, con un aumento del prezzo delle calzature di oltre il 53%.

Nel caso appena citato i maggiori benefici sono arrivati per il brand di Beaverton e il suo più famoso ambassador, mentre Drive To Survive, la serie sul Mondiale di Formula 1 targata Netflix, ha riportato sulla cresta dell’onda uno sport che negli anni aveva gradualmente perso di appeal. Dall’uscita della prima stagione nel 2019 all’inizio dell’ultimo campionato il numero medio di telespettatori è cresciuto del 54% solo negli Stati Uniti, mercato dove questo sport faticava a farsi apprezzare dal vasto pubblico, portando il volume di affari generato negli USA da 8 a 13 miliardi di dollari in due anni.

Meno distanza, più passione

È evidente come la potenza di Netflix abbia giocato un ruolo fondamentale, ma è altrettanto importante evidenziare la lungimiranza e la voglia di mettersi in gioco in maniera innovativa da parte dei brand (Michael Jordan può essere considerato un brand a tutti gli effetti) che, attraverso una narrazione di sé inedita ed esclusiva, sono riusciti a ritornare in auge generando effetti positivi all’intero movimento sportivo.

La nuova content strategy della Sport Industry passa infatti da un rinnovato modo di presentarsi al pubblico, meno tecnico ed elitario. Dopo decenni a guardare partite, gare e sfide tra sportivi considerati in tanti casi idoli inavvicinabili, si è finalmente arrivati a un punto in cui il fan può conoscerli nei loro tratti più intimi, entrare in contatto con la loro quotidianità e la loro vita privata, scoprendone pregi e difetti che li rendono più reali. Lo stesso vale per tutto il mondo che si muove dietro le quinte dei più grandi eventi sportivi internazionali, mostrando le dinamiche delle grandi realtà e i volti di chi lavora nel backstage per offrire lo spettacolo dello sport a milioni di appassionati. L’offerta di sport in questo modo non viene più trattata come un prodotto da vendere secondo un modello B2C, ma come la storia di una realtà da condividere con gli appassionati, in un approccio che diventa gradualmente sempre più Human To Human (H2H).

Content is king, storytelling is queen

È in questo scenario che il mondo delle pay-tv sta vivendo una crisi di identità. Oltre a perdere abbonati a vantaggio delle crescenti OTT che si spartiscono il mercato dei diritti tv dello sport e lasciano le briciole ai media tradizionali fatti di dirette, poche, e talk show, tanti, le televisioni non hanno ancora trovato il modo per fronteggiare il cambiamento, con la conseguenza naturale di uno spostamento dell’attenzione anche da parte delle organizzazioni sportive verso i nuovi media Over The Top.

I nuovi utenti dello sport vogliono fruire del contenuto sportivo quando e dove vogliono, non hanno interesse nell’evento live nella sua interezza e vogliono arrivare subito ai momenti salienti. Il binge watching non è per partite o corse da quasi due ore l’una, ma per contenuti seriali con ritmo e capacità di emozionare.

Lo sport è ancora il fulcro del contenuto, mentre l’evoluzione reale è nella sua narrazione. La Sport Industry lo ha capito e l’offerta sta finalmente cambiando.

Notizia delle ultime settimane è la nuova piattaforma proprietaria della FIFA, che con FIFA+ ha segnato il proprio passaggio da brand a media company. Che qualcosa si stesse muovendo nell’approccio del più alto board del calcio internazionale con il pubblico era nell’aria già da diverso tempo. Il Mondiale del 2026 con 48 squadre, la proposta (per ora bocciata) della Coppa del Mondo ogni due anni e l’opposizione fortissima alla Superlega erano segnali che facevano presagire che le idee ai piani alti del calcio fossero chiare e con una direzione ben precisa: ampliamento del bacino d’utenza calcistico per fronteggiare con forza l’ascesa dei nuovi competitor dello show business.

Il lancio di FIFA+ segna il momento del rinnovamento del calcio come contenuto sportivo. Oltre alle più di 40 mila partite da trasmettere ogni anno per dare spazio e visibilità ai movimenti calcistici meno attraenti per i broadcaster, e promuovere così il proprio prodotto principale, la piattaforma di FIFA produrrà e diffonderà contenuti originali in cui il calcio è solo il pretesto per raccontare storie di diversa natura e da diversi punti di vista. Documentari sulla vita di atleti simbolo dei propri tempi, docu-serie a puntate sulla quotidianità di un club, film e racconti esclusivi saranno il traino della nuova content strategy della Federazione Internazionale volta ad attirare l’attenzione di nuovi appassionati.

Dai contenuti ai dati: andata e ritorno

Dotarsi di una piattaforma OTT proprietaria è una scelta che presuppone un obiettivo specifico: profilare per conoscere sempre più a fondo il proprio pubblico, e personalizzare di conseguenza l’offerta rivolta ai consumatori. In questo modo è più semplice fidelizzarli e ridurre il più possibile la dispersione su altre piattaforme per fruire di un contenuto ritenuto “proprietario”, come può essere il calcio per la FIFA. 

La profonda conoscenza del target permette agli sport brand di prevedere bisogni e desideri dei clienti, anticipando i trend e operando scelte in grado di avere ripercussioni positive anche in occasione di eventi fisici, amplificando i benefici della content strategy utilizzandone gli insights per realizzare attività di fan engagement dal più alto tasso di coinvolgimento.

Oltre all’esempio di FIFA, sono emblematici i casi di diversi altri brand che hanno mosso i primi passi verso la trasformazione in media company. FIBA, il cui brand ha sempre subito fortemente il peso di una lega nazionale dal fascino globale come la NBA, ha sentito la necessità di ricordare al mondo che anche quello statunitense è parte della famiglia del basket internazionale, lanciando la propria piattaforma “Courtside 1891”; la Formula 1 che ha sfruttato la leva di Netflix e di Drive to Survive per portare più traffico sulla propria F1 TV e su tutti i propri canali digitali, o del World Padel Tour che con la WPT TV ha travalicato i confini spagnoli e argentini dove fino a pochi anni fa era confinato, per portare lo sport più in crescita del momento sui device di tutto il mondo.

Una menzione a parte merita invece La Liga che nel giro di pochi anni è passata dall’essere il brand della Lega Calcio Spagnola a rappresentare un brand globale che si mostra come media company per la creazione di contenuti originali che produce e diffonde direttamente sulla sua piattaforma OTT La Liga Sports TV (che gestisce diritti di distribuzione anche di altri sport), e come un ente di formazione con La Liga Business School che organizza corsi e rilascia attestati per operare da professionisti nel mondo dello sport business.

Conclusioni

La content strategy nella Sport Industry della nuova era è in sintesi la base da cui partire per creare o rigenerare la passione dei tifosi. Una strategia basata sulla diversificazione della proposta e dei contenuti, e pensata per coinvolgere i fan ha però bisogno di un sistema a supporto in grado di fornire ai brand la possibilità di leggere e comprendere i gusti dei consumatori e la loro evoluzione. Non è un caso che le organizzazioni che si sono dotate di piattaforme OTT siano le stesse che hanno avvertito la necessità di imporsi in nuovi mercati o di operare una sorta di rebranding contenutistico.

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